Negli ultimi dieci anni
sono state avanzate molte proposte di riforma e molti dottori dello
spirito hanno provato ad escogitare una medicina potente per il corpo
malato dell’Islam. Però, fino ad ora, tutto è stato
vano, perché tutti questi dottori hanno dimenticato di
prescrivere con le medicine anche la dieta, su cui si era basato il
primo sviluppo del paziente. Questa dieta, la sola che il corpo
dell’Islam può assimilare sia nella malattia sia nella
salute, è la Sunnah del Profeta Muhammad (su cui sia
pace). Dal momento che la Sunnah è la chiave per
comprendere il sorgere dell’Islam più di quattordici secoli
fa, perché non dovrebbe essere anche la chiave per comprendere
la nostra presente decadenza? L’osservazione della Sunnah,
infatti, è sinonimo di progresso, perché è stata
la struttura di ferro della Casa dell’Islam e, se si rimuove una
tale struttura da un edificio, non ci si può meravigliare se
cade come una casa di carte.
Questa semplice
verità, accettata da tutti gli studiosi nei diversi periodi
della storia islamica, anche se è diventata oggi impopolare a
causa dell’aumento dell’influenza occidentale, rimane pur sempre
la verità, la sola che può salvarci dal caos e dalla
vergogna della presente decadenza.
La parola Sunnah
è usata qui nel suo significato più ampio, ossia come
l’esempio che il Profeta ha posto di fronte ai nostri occhi con le
sue azioni e i suoi detti. La sua meravigliosa vita è
un’illustrazione e spiegazione vivente del Corano e non possiamo
rendere giustizia al Libro Sacro, se non seguendo colui che è
stato il mezzo stesso della Rivelazione.
Sappiamo che uno dei
maggiori fini dell’Islam -quello che ci distingue da tutte le altre
religioni- è la completa riconciliazione tra il lato morale e
quello materiale della vita umana. Questa è una delle ragioni
per cui l’Islam ha avuto un tale successo al suo apparire: ha
portato all’umanità il nuovo messaggio che non si deve
disprezzare la terra per raggiungere il cielo. Questa caratteristica
prominente dell’Islam ci spiega il perché il Profeta nella
sua missione, in qualità di guida apostolica dell’umanità,
era così profondamente interessato alla vita umana, intesa
come fenomeno sia spirituale sia materiale. Non si mostra, quindi,
una profonda comprensione dell’Islam, se si fa una distinzione tra
gli ordini del Profeta che sono relativi alle questioni spirituali e
altri che, invece, trattano della società e della vita
quotidiana. L’opinione secondo la quale siamo obbligati a seguire i
comandi che appartengono al primo gruppo, ma non a quelli del
secondo, è superficiale e nel suo spirito anti-islamica come
l’idea che certi comandi del Corano valevano solo per gli Arabi del
tempo della rivelazione, ma non per uomini culturalmente avanzati del
ventesimo secolo.
Dal momento che la
vita di un musulmano deve essere finalizzata ad una piena
cooperazione tra il suo sé spirituale e corporeo, così
la leadership del Profeta abbraccia la vita nella sua pienezza, nelle
sue manifestazioni morali, pratiche, individuali e sociali: questo è
il significato profondo della Sunnah.
Nel Corano è
scritto:
Prendete quello che il
Messaggero vi dà e astenetevi da quel che vi nega e temete
Allah. (59:7)
E il Profeta ha detto:
Gli ebrei si sono
divisi in settanta sette, mentre i Cristiani in settantadue e i
Musulmani si divideranno in settantatre sette.
A questo proposito
dobbiamo ricordare che secondo l’uso arabo il numero settanta
indica spesso una certa quantità e non il vero e proprio
numero. Così il Profeta intendeva dire che le sette e le
divisioni tra i musulmani sarebbero state molte, anche di più
di quelle esistenti tra gli Ebrei e i Cristiani. Egli aggiunse anche
:
Tutte loro sono
destinate all’Inferno eccetto una…
Quando i Compagni
chiesero quale sarebbe stato il gruppo dei retti, egli rispose:
Quella basata sui
principi dei miei Compagni…
Certi versetti del Corano
chiariscono questo punto senza alcuna possibilità di equivoco:
No, per il tuo
Signore, non saranno credenti finché non ti avranno eletto
giudice delle loro discordie e finché non avranno accettato
senza recriminare quello che avrai deciso, sottomettendosi
completamente. (4:65).
E:
Dì: “ Se
avete sempre amato Allah, seguitemi. Allah vi amerà e
perdonerà i vostri peccati. Allah è perdonatore
misericordioso. (3:31)
Dì: “
Obbedite ad Allah e al Messaggero” (3:32).
La Sunnah del
Profeta è, quindi, la seconda fonte della Legge Islamica
relativa al comportamento sociale e personale. Infatti, dobbiamo
considerarla come la sola unica spiegazione degli insegnamenti
del Corano, come l’unico modo di evitare i dissensi relativi alla
loro interpretazione e adattamento alla vita quotidiana. Anche se
molti versetti del Sacro Corano, infatti, hanno un significato
allegorico e potrebbero essere compresi in modi differenti e secondo
diverse interpretazioni, lo spirito prevalente nel Libro Sacro è
comunque abbastanza uniforme, ma non è semplice dedurre da
esso l’attitudine pratica che dobbiamo assumere nelle diverse
situazioni. Se crediamo che questo Libro è una rivelazione
divina, perfetta in forma e fine, la sola conclusione logica è
che deve essere accompagnata dalla guida personale del Profeta,
incarnata nel sistema della Sunnah.
È chiaro,
infatti, che non c’è un interprete migliore degli
insegnamenti coranici di colui che li ha rivelati all’umanità.
Lo slogan che udiamo spesso ai nostri giorni, “Torniamo al Corano,
ma non seguiamo la Sunnah ciecamente”, semplicemente
tradisce un’ignoranza dell’Islam. Coloro che parlano in questo
modo assomigliano ad un uomo che desidera entrare in un palazzo, ma
non vuole utilizzare la sola chiave che può aprirne la porta.
Adesso arriviamo
all’importante questione relativa all’autenticità delle
Tradizioni che ci rivelano la vita e i detti del Profeta
Muhammad. Queste fonti sono gli Hadīth, le Tradizioni dei
detti e delle azioni del Profeta, riportate e trasmesse dai suoi
Compagni e raccolte nel primo secolo dopo la nascita dell’Islam.
Molti musulmani moderni dichiarano che sarebbero disposti a seguire
la Sunnah, ma pensano che non possono veramente contare sul
corpo degli Hadīth da cui deriva. È, infatti,
diventata una questione di moda nei nostri giorni negare, in
principio, l’autenticità degli Hādith e, quindi,
l’intera struttura della Sunnah.
C’è una
ragione scientifica per questa attitudine? C’è una
giustificazione scientifica per il rifiuto degli Hadīth come
una fonte affidabile della Legge Islamica?
Si potrebbe pensare
che quelli, che si oppongono al pensiero ortodosso, siano capaci di
portare avanti argomenti realmente convincenti in grado di stabilire,
una volta per tutte, l’inattendibilità delle Tradizioni
attribuite al Profeta. Questa supposizione però non
corrisponde a verità. A dispetto di tutti gli sforzi, che sono
stati impiegati per negare l’autenticità degli Hadīth
intesi come un corpo, questi critici moderni, sia orientali che
occidentali, non sono stati capaci di accompagnare la loro critica
con i risultati di una ricerca scientifica. Sarebbe abbastanza
difficile farlo, come lo è stato per i primi compilatori degli
Hadīth, e in modo particolare nel caso degli Imam Bukhari e
Muslim, che hanno fatto qualunque cosa fosse umanamente possibile per
controllare l’autenticità di ogni Hadīth in maniera
estremamente rigorosa.
Andrebbe molto al di
là dei limiti di questo articolo soffermarci sul metodo
scrupoloso con il quale l’affidabilità di queste Tradizioni
è stata controllata dai primi muhaddithun, ossia gli
studiosi degli Hadīth, perché è sufficiente
affermare che si è evoluta una scienza, il cui solo oggetto è
la ricerca, la forma e la via di trasmissione degli Hadīth
del Profeta. Un ramo storico di questa scienza ha avuto successo
nello stabilire le catene interrotte delle biografie dettagliate di
tutte le personalità che sono state menzionate come narratori
delle Tradizioni. Le vite di questi uomini e queste donne sono
state studiate a fondo da ogni punto di vista e coloro, che sono
stati considerati affidabili, sono quelli il cui stile di vita
risponde perfettamente allo standard discusso dai più grandi
muhaddithun. Se, comunque, qualcuno desidera contestare oggi
l’autenticità di un particolare Hadīth o del sistema
come un tutto, dovrà sostenere il peso di questa prova, perché
non è scientificamente giustificabile contestare la veridicità
di una fonte storica a meno che non si sia preparati a dimostrare che
questa fonte è lacunosa. Se non è possibile trovare un
argomento né ragionevole né scientifico contro la
veridicità della fonte stessa o contro uno o più dei
narratori successivi e, se d’altra parte, nessun altro racconto
contraddittorio esiste riguardo lo stesso argomento, allora siamo
obbligati ad accettare la Tradizione come vera.
Supponi, per esempio,
che, mentre qualcuno parla delle guerre di Mahmud di Ghaznah in
India, improvvisamente qualcuno si alzi e dica: “Io non credo che
Mahmud sia mai venuto in India. È una leggenda senza nessun
fondamento storico”. Che cosa accadrebbe in questo caso? Subito una
persona ben preparata nella storia cercherà di correggere il
suo errore e citare cronache e storie, basate sui racconti dei
contemporanei del famoso sultano, come prova che Mahmud è
stato effettivamente in India. A questo punto l’obiettore dovrebbe
accettare la prova o potrebbe essere considerato un tipo strano, che
per qualche strana ragione nega i fatti storici. Se le cose stanno
così, ci si dovrebbe chiedere perché i nostri critici
moderni non estendono la stessa logica al problema degli Hadīth.
La ragione principale
per affermare la falsità di un Hadīth è
l’esistenza di una bugia intenzionale da parte della prima fonte,
relativa ai compagni o ai narratori più tardi. Per quanto
riguarda i Compagni, una tale possibilità può essere
esclusa a priori, perché uno sguardo al lato
psicologico del problema è sufficiente al fine di relegare
tali affermazioni nel regno della pura fantasia. La tremenda
impressione che la personalità del Profeta ha fatto su questi
uomini e donne è un fatto storicamente ben documentato. È,
infatti, inconcepibile che, persone pronte a sacrificare se stesse e
tutto quello che possedevano per il Profeta di Dio, avrebbero
falsificato le sue parole. Il Profeta stesso ha detto:
Chiunque
intenzionalmente afferma qualcosa di falso sul mio comportamento
troverà il suo posto nell’Inferno.
Dal momento che i
Compagni lo sapevano e credevano implicitamente nelle parole del
Profeta, che consideravano come l’Apostolo di Dio, non è
probabile da un punto di vista psicologico che abbiano potuto dare
scarso peso alle sue parole.
Nei procedimenti della
prima corte penale la prima questione, affrontata dal giudice, è
il movente per cui il crimine è stato commesso. Questo
principio della giurisdizione può essere applicato anche alla
questione dell’autenticità degli Hadīth. Con
l’eccezione di quelle Tradizioni che riguardano direttamente
lo status di certi individui o gruppi, per esempio, connessi
con le beghe politiche dei differenti partiti nel primo secolo dopo
la morte del Profeta, considerati spuri nella loro totalità,
sembra che non siano esistiti motivi sufficienti per un individuo per
falsificare i detti del Profeta. Proprio a causa della consapevolezza
dell’esistenza della possibilità che siano stati inventati
gli Hadīth per alcuni fini personali, le due principali
autorità tra i raccoglitori di Tradizioni, gli Imam
Bukhari e Muslim, hanno rigorosamente escluso tutte le tradizioni
relative ai partiti politici dalle loro raccolte: quello che rimase
appariva al di là di ogni sospetto.
C’è un
argomento ulteriore relativo alla prova dell’autenticità di
un Hadīth. Si può pensare che i Compagni che lo hanno
udito dalle labbra del Profeta o uno o l’altro dei narratori
abbiano commesso, anche se erano soggettivamente veritieri, un errore
dovuto ad un travisamento delle parole del Profeta, o ad un vuoto di
memoria o a qualche altro motivo psicologico. La prova psicologica
però parla contro la possibilità di questi errori,
almeno da parte dei Compagni. Per le persone, che vivevano con il
Profeta, ogni suo detto o azione avevano il massimo valore, dovuto
non solo al fascino della sua personalità, ma anche alla loro
ferma credenza che fosse volontà divina che dovessero regolare
la loro vita, anche nei più piccoli dettagli, secondo la sua
direzione e il suo esempio. È improbabile quindi che abbiano
trattato le Tradizioni con noncuranza; hanno cercato invece di
conservarle nella loro memoria anche al costo di fastidi personali.
Si racconta che i Compagni, che erano più vicini al Profeta,
si riunivano in gruppi di due persone, uno dei quali era
alternativamente vicino al Profeta mentre l’altro lavorava per il
sostentamento di entrambi, e qualunque cosa vedevano o udivano del
loro Maestro lo dicevamo gli uni agli altri, perché erano
preoccupati che qualcuna delle azioni o dei detti del Profeta potesse
andare perduta. Non è molto probabile che, supportati da una
tale attitudine, potessero essere negligenti nel riportare proprio
gli Hadīth. E, se è stato possibile per i Compagni
preservare a memoria l’intero Corano, era ugualmente possibile per
loro e per quelli che li seguivano da vicino memorizzare i singoli
detti del Profeta senza aggiungere o omettere nulla.
Comunque, i
raccoglitori delle Tradizioni conferiscono perfetta
autenticità solo a quegli Hadīth, che sono riportati
nella stessa forma attraverso indipendenti catene di narratori.
Inoltre, un Hadīth per essere considerato sahīh
(autentico) deve essere corroborato ad ogni stadio della sua
trasmissione dall’evidenza indipendente di almeno due e, se
possibile, più narratori, in maniera tale che ad ogni fase la
narrazione non dipenda mai dall’autorità di un’unica
persona.
Ciononostante, nessun
musulmano ha mai creduto che gli Hadīth abbiamo lo stesso
status del Corano. Per questo motivo in nessun periodo storico
lo studio critico degli Hadīth è stato considerato
concluso. Il fatto che ci sono innumerevoli Hadīth spuri non
è sfuggito all’attenzione dei muhaddithun, come
sembrano supporre gli studiosi europei. Al contrario, la scienza
critica degli Hadīth iniziò sotto la spinta della
necessità di distinguere tra ciò che era autentico e
ciò che era spurio e l’opera degli Imam Bukhari e Muslim,
per non menzionare anche gli studiosi minori, è un prodotto
diretto di quest’attitudine critica. In altri termini, l’esistenza
di Tradizioni false non prova niente contro il sistema degli Hadīth,
inteso come un tutto.
Fino ad ora nessuna
critica è stata capace di provare in maniera sistematica che
il corpo degli Hadīth, considerato come autentico secondo gli
standard dei più importanti studiosi, sia inaffidabile. Il
rifiuto delle Tradizioni autentiche ha fallito nel dimostrarsi come
il risultato di una ricerca scientifica e priva di pregiudizi.
Comunque, la ragione di una tale attitudine presso molti musulmani
del nostro tempo può essere facilmente giustificata, perché
riposa sull’impossibilità di adeguare il nostro stile di
vita presente e degenerato alla Sunnah del Profeta. Per
giustificare i loro difetti e i difetti del loro ambiente, queste
pseudo-critiche agli Hadīth cercano di rimuovere la necessità
di seguire la Sunnah, perché, se questo accadesse,
sarebbero liberi di interpretare gli insegnamenti coranici secondo i
principi di un razionalismo superficiale. In questo modo il ruolo
eccezionale dell’Islam, inteso come codice morale sia individuale
sia sociale, andrebbe in pezzi.
In questi giorni,
quando l’influenza della cultura occidentale sta assumendo uno
spessore maggiore nei paesi islamici, un motivo in più si
aggiunge alla strana disposizione della cosiddetta intelligenza
islamica su quest’argomento, secondo cui è impossibile di
fatto vivere secondo la Sunnah del nostro Profeta e seguire
nello stesso tempo lo stile di vita europeo. La presente generazione
musulmana, infatti, è pronta ad adorare tutto ciò che è
occidentale, ad adorare una civiltà straniera per la sola
ragione che è straniera, potente e materialmente brillante.
Questa occidentalizzazione è la ragione per cui le Tradizioni
del nostro Profeta e, insieme con esse, l’intera struttura della
Sunnah sono diventati oggi impopolari. La Sunnah è
così opposta alle idee fondamentali che si trovano al fondo
della civiltà occidentale che, coloro che sono affascinati da
quest’ultima, la considerano come irrilevante, e quindi non come un
aspetto obbligatorio dell’Islam, in quanto basato su Tradizioni
inaffidabili. Secondo questa disposizione di pensiero diventa facile
stravolgere gli insegnamenti del Corano in modo che si adeguino allo
spirito della civiltà occidentale.
Lo
spirito della Sunnah
Perché
l’osservazione della Sunnah deve essere considerata
indispensabile per una vita vissuta nel vero senso dell’Islam? La
risposta è che non vi è altra via alla realtà
dell’Islam che attraverso quell’ampio sistema di azioni e di
costumi, di ordini e di proibizioni, tutti derivati dall’esemplare
vita del Profeta. Senza dubbio è stato il più grande
gli uomini, ma imitare la sua vita in tutti i suoi dettagli non è
una violenza alla libertà personale? Questa è una
vecchia obiezione che i critici dell’Islam hanno solitamente
avanzato: la necessità di seguire la sunnah è
stata una delle cause principali della decadenza del mondo musulmano,
perché una tale disposizione a lungo andare potrebbe violare
la libertà dell’azione umana e lo sviluppo naturale della
società. È di grande importanza per il futuro
dell’Islam che siamo capaci o meno di rispondere a quest’obiezione.
La nostra disposizione verso la Sunnah, infatti, può
diventare nel tempo un’attitudine stessa verso l’Islam.
Siamo orgogliosi, e a
ragione, del fatto che l’Islam come religione non è basata
sul dogmatismo mistico ma è sempre aperta all’indagine
razionale. Noi abbiamo, quindi, il diritto non solo di sapere che
l’osservazione della Sunnah è un dovere religioso, ma
anche quello di comprendere il perché ci è stata
imposta.
L’Islam conduce
l’uomo all’unificazione di tutti gli aspetti della vita ed,
avendo questo fine, questa religione rappresenta in se stessa una
totalità di concezioni, cui nulla può essere aggiunto e
nulla può essere tolto: nell’Islam non c’è spazio
per nessuna forma di eclettismo. Anche se i suoi insegnamenti sono
riconosciuti come pronunciati direttamente dal Corano o dal Profeta,
dobbiamo accettarli nella loro completezza, altrimenti rischiamo che
perdano il loro valore. È un equivoco fondamentale nell’Islam
pensare che, essendo una religione basata sulla ragione, lascia i
suoi insegnamenti aperti alla scelta individuale. Quest’affermazione,
infatti, è figlia di una popolare ed errata interpretazione
del razionalismo. C’è un ampio divario, infatti, tra ragione
e razionalismo.
La funzione della
ragione relativamente agli insegnamenti religiosi è quella di
controllarne il carattere, ossia il suo dovere è quello di
controllare che non sia dato alla mente umana qualcosa di difficile
comprensione. Questo non significa però che, chiunque entri a
contatto con l’Islam, debba accettare i suoi insegnamenti come
obbligatori, perché questa è una questione di
temperamento e di illuminazione spirituale. Certamente una persona
imparziale non potrebbe affermare che nell’Islam vi sia qualcosa di
contrario alla ragione, perché, anche se ci sono degli
elementi che si pongono oltre i limiti della comprensione umana, non
possiamo trovare nulla che sia loro contrario.
Il razionalismo, invece,
non si occupa della razionalità o meno di certe verità
religiose, ma opera nell’ambito della speculazione. La ragione
conosce i suoi propri limiti, mentre il razionalismo tenta di
limitare il mondo e tutti i suoi misteri all’interno di una teoria
e in materia di religione difficilmente concede la possibilità
dell’esistenza di cose che vanno oltre la comprensione umana.
L’eccessiva fiducia
in questo tipo di razionalismo è una delle ragioni che hanno
spinto così tanti moderni musulmani a rifiutarsi di
sottomettersi alla guida del Profeta. Oggi, però, non abbiamo
bisogno di un Kant per provare che la comprensione umana è
rigidamente limitata nelle sue possibilità, perchè la
nostra mente è incapace, per sua natura, di comprendere l’idea
della totalità e non sappiamo che cosa realmente sia
l’infinito o l’eterno, e non sappiamo nemmeno esattamente che
cosa sia la vita. Nei problemi relativi ad una religione, che riposa
su fondamenti trascendentali, noi, comunque, abbiamo bisogno di una
guida la cui mente possiede qualcosa di più delle capacità
raziocinanti e il razionalismo soggettivo comune a tutti noi. Abbiamo
bisogno di qualcuno che sia ispirato. In altri termini, abbiamo
bisogno di un Profeta. Se crediamo che il Corano sia Parola di Dio e
che Muhammad (su cui sia pace) è l’Apostolo di Dio, siamo
non solo moralmente ma anche intellettualmente vincolati a seguire il
suo esempio. Questo però non significa che dobbiamo rinunciare
all’esercizio della nostra ragione. Al contrario dobbiamo far uso
della nostra capacità e conoscenza per scoprire i significati
inerenti e gli scopi dei comandi, che ci sono stati trasmessi
attraverso l’esempio del Profeta. In ogni caso, sia che siamo
capaci di comprenderne la ragione o meno, dobbiamo obbedire agli
ordini. Pensiamo ad un soldato cui è stato ordinato dal suo
generale di occupare una certa postazione strategica. Il buon soldato
eseguirà immediatamente l’ordine e, se, mentre ubbidisce, è
anche capace di comprendere il fine strategico che il generale ha
avuto in mente, è meglio per lui e per la sua carriera; ma, se
il fine insito nel comando del generale non gli è chiaro, non
ha il diritto di non ubbidire o di farlo in ritardo. Noi musulmani
contiamo sul fatto che il nostro Profeta è il migliore
comandante che l’umanità possa avere e naturalmente crediamo
che egli conosce il dominio della religione sia nel suo aspetto
sociale sia in quello spirituale meglio di noi. Nell’ordinarci di
fare una cosa o di evitare di farne un’altra, egli ha sempre
qualche obiettivo strategico, che ritiene indispensabile per il bene
spirituale e sociale dell’umanità. Qualche volta
quest’obiettivo è chiaramente visibile e qualche volta meno
agli occhi dell’uomo comune, perché qualche volta possiamo
comprendere la ragione ultima del comando del Profeta, mentre qualche
altra solo il suo fine immediato. In qualsiasi caso, però,
siamo vincolati a seguire i suoi comandi, quando è stata
stabilita la loro autenticità. Certamente ci sono comandi del
Profeta che sono ovviamente di vitale importanza mentre altri sono
meno importanti e dobbiamo dare la precedenza ai più
importanti. Non abbiamo, però, il diritto di ignorare nessuno
di essi perché ci appaiono inessenziali. Nel Corano infatti è
scritto: Egli non parla dei propri desideri (53:8).
Egli si pronuncia solo
quando viene sollevata una necessità oggettiva e lo fa sotto
il comando divino. Per questo motivo siamo obbligati a seguire la
Sunnah del Profeta in spirito e forma, se desideriamo vivere
in verità lo spirito dell’Islam.
Una volta che è
stata stabilita la necessità oggettiva per un musulmano di
seguire la Sunnah del Profeta, egli ha il diritto e il dovere
di interrogarsi sul suo ruolo all’interno della struttura sociale e
religiosa dell’Islam. Quale è il significato spirituale del
dettagliato sistema di leggi e regole di condotta, che si suppone
riempiano la vita di un musulmano dalla nascita al momento della
morte? Perché deve regolare il comportamento sull’esempio
del Profeta sia nelle fasi più importanti sia in quelle più
insignificanti dell’esistenza?
Ci sono poi altre tre
ragioni distinte per seguire la Sunnah.
La prima ragione è
quella di abituare un uomo a vivere permanentemente in uno stato di
consapevolezza e di autocontrollo. Nel progresso spirituale di un
uomo, le azioni casuali sono come dei blocchi sulla via di un cavallo
da corsa; devono essere ridotti al minimo in quanto distruggono la
concentrazione spirituale. Ogni cosa che facciamo deve essere
determinata dalla nostra volontà e sottomessa al nostro
controllo morale. Però, al fine di essere capaci di agire in
questo modo, dobbiamo imparare ad osservare noi stessi. Questa
necessità di auto-controllo permanente per un musulmano è
stata meravigliosamente espressa di Umar al-Khattab:
Rendi conto a te
stesso delle tue azioni prima di venir chiamato a farlo.
E il Profeta ha detto:
Adora il tuo Signore
come se lo vedessi.
È stato
sottolineato precedentemente che l’idea islamica di culto concerne
non solo gli stretti doveri legati alla devozione ma anche la nostra
intera vita, perché il suo fine è l’unificazione del
nostro sé spirituale e materiale in una singola entità.
I nostri comportamenti devono essere chiaramente diretti verso
l’eliminazione dei fattori inconsci e non controllabili nella
nostra vita per quanto sia umanamente possibile. L’auto-osservazione
è il primo passo e il metodo più sicuro per acquisire
la capacità di auto-osservarsi è quello di mettere
sottocontrollo anche le azioni della vita quotidiana, che sembrano
meno importanti. Queste piccole cose, queste azioni e abitudini non
importanti sono, nel contesto dell’allenamento mentale di cui
stiamo parlando, molto più importanti delle attività
della nostra vita, cui diamo maggior valore. Le grandi cose sono, in
virtù della loro grandezza, chiaramente visibili e per la
maggior parte rimangono nella sfera della consapevolezza, mentre le
piccole cose sfuggono facilmente al nostro controllo e alla nostra
attenzione.
Può essere non
importante, in se stesso, con quale mano mangiamo oppure se tagliamo
o lasciamo crescere la barba; ma è psicologicamente importante
fare le cose secondo una risoluzione sistematica, perché
agendo in questo modo manteniamo un alto livello di auto-osservazione
e controllo morale. Questa non è una questione facile perché
la pigrizia mentale non è qualcosa di meno reale della
pigrizia del corpo. Se si domanda ad un uomo, che è abituato
ad una vita sedentaria, di camminare per una lunga distanza, subito
si sentirà stanco e sarà incapace di procedere oltre.
Lo stesso non accadrà, però, ad un uomo che si è
allenato tutta la vita a camminare. Per lui questa sorta di sforzo
muscolare non è per nulla tale, ma è un esercizio
piacevole al quale è abituato. Questa è una spiegazione
ulteriore del perché la Sunnah è relativa a
quasi ogni aspetto della vita umana. Se siamo costantemente chiamati
a sottomettere tutte le nostre azioni e omissioni ad una sorta di
discriminazione, il nostro potere di auto-osservazione cresce e nel
tempo diviene una sorta di seconda natura. Nello stesso tempo,
durante questo tipo di addestramento, diminuisce anche la nostra
pigrizia morale.
L’uso
dell’espressione “addestramento” implica naturalmente che il
suo risultato è dipendente dalla consapevolezza della sua
esecuzione, perché nel momento in cui la pratica della Sunnah
degenera in una routine perde completamente il suo fine
educativo. Questo è stato quello che è successo ai
musulmani durante gli ultimi secoli. Quando i Compagni del Profeta e
le generazioni seguenti hanno fatto lo sforzo di conformare ogni
dettaglio della loro esistenza all’esempio del Profeta, lo fecero
nella piena consapevolezza che si stavano sottomettendo ad una
volontà, che avrebbe plasmato la loro vita nello spirito del
Corano. Mossi da questa risoluzione hanno potuto beneficiare della
Sunnah nella sua interezza. Non è un difetto del
sistema se i musulmani dei periodi più tardi della storia
dell’Islam non hanno fatto un corretto uso delle sue risorse
psicologiche. Questo fu probabilmente dovuto, in larga misura,
all’influenza del sufismo con la sua più o meno pronunciata
condanna della vita attiva e l’accento posto sulle energie
dell’uomo puramente contemplative. Dal momento che la pratica della
Sunnah è stata stabilita come una componente della vita
religiosa islamica dal primo periodo della storia dell’Islam, il
sufismo non è riuscito a eliminarne il valore, ma ha avuto
successo nel neutralizzare il suo vigore attivo e così la sua
utilità. La Sunnah rimane, per i sufi, un ideogramma d’
importanza platonica con un retroterra mistico; per i teologi e i
giuristi un sistema di leggi, mentre per i musulmani in generale un
guscio vuoto senza un significato vitale. Comunque, nonostante il
fallimento dei musulmani nel beneficiare degli insegnamenti del Sacro
Corano e della loro interpretazione attraverso la Sunnah del
Profeta, l’idea che si trova al fondo degli insegnamenti e della
loro interpretazione è rimasta intatta, e non c’è
alcuna ragione perché non venga praticata ancora, in quanto il
vero scopo della Sunnah, come presumono i nostri critici
antagonisti, non è l’educazione di farisei, ma di uomini di
azione, consapevoli e determinati. Di questo calibro erano gli uomini
e le donne, compagni del Profeta, dotati di una coscienza permanente,
di una consapevolezza interiore e di senso di responsabilità
in tutto ciò che hanno fatto: questo è il segreto del
loro successo.
Questo è il
primo aspetto della Sunnah, mentre il secondo è la sua
importanza sociale e la sua utilità. Difficilmente ci possono
essere dubbi sul fatto che la maggior parte dei conflitti sociali
sono dovuti ad un equivoco tra gli uomini relativamente alle loro
azioni ed intenzioni. La causa di questo equivoco è l’estrema
varietà dei temperamenti e inclinazioni dei diversi membri
della società. Ora differenti temperamenti inducono gli uomini
a differenti comportamenti, che con il passare degli anni divengono
abitudini, che creano barriere tra gli individui. Se, al contrario,
differenti persone hanno le stesse abitudini, è molto
probabile che si comprenderanno meglio e ci siano poche ragioni di
conflitto. Quindi l’Islam, che si preoccupa del benessere sia
sociale sia individuale, pone l’accento sul fatto che i membri
della società dovrebbero far sì che i comportamenti si
assomiglino in un certo qual modo, qualunque sia lo status
economico e sociale degli individui.
Ma al di là di
questo, la Sunnah rende alla società un grande
servizio, perché previene lo sviluppo degli antagonismi e dei
conflitti, che hanno provocato così tanta confusione nella
società occidentale. Queste problematiche sociali sorgono
quando alcune istituzioni o modi di vita vengono giudicati imperfetti
e sono quindi aperti alla critica e al cambiamento. Per i musulmani
però, ossia per coloro che si sentono vincolati dalla Legge
del Corano e dagli insegnamenti del Profeta, le condizioni della
società devono avere una parvenza di stabilità, perché
si suppone che abbiano un’origine trascendentale. Fino a quando non
verrà sollevato il dubbio sulla loro origine, non ci sarà
bisogno di mettere in discussione i fondamenti della società.
Solo così possiamo concepire la possibilità pratica del
postulato coranico, secondo cui i musulmani dovrebbero essere come un
edificio solido. Se applichiamo questo principio alla vita comune,
non vi dovrebbe essere nessun bisogno per la società di
consumare le proprie energie su questioni marginali e riforme
parziali che, per loro natura, possono avere un valore solo
passeggero. La società islamica, libera dalla confusione
dialettica e costruita sul solido piedistallo della Legge Divina e
l’esempio della vita del Santo Profeta, potrebbe concentrare tutte
le sue energie sulle questioni legate al benessere materiale e
intellettuale, perché questo è il vero obiettivo
dell’organizzazione sociale islamica.
Ora trattiamo al terzo
aspetto della Sunnah e della necessità di seguirla.
In questo sistema
molti dettagli della nostra vita quotidiana sono basati sull’esempio
del Profeta. Qualunque cosa facciamo, dobbiamo pensare ad un’
azione corrispondente del Profeta. In questo modo la sua personalità
s’incarna nella routine della nostra vita quotidiana e la
sua influenza spirituale diviene un fattore reale e ricorrente.
Dobbiamo studiare il suo comportamento nelle diverse situazioni e
dobbiamo imparare a considerarlo non solo come il portatore di una
rivelazione morale ma anche come la guida ad una vita perfetta. È
qui che dobbiamo decidere se vogliamo considerare il Profeta come un
uomo saggio tra tanti uomini saggi, oppure come il Profeta di Dio,
che ha agito sotto divina ispirazione. Il punto di vista del Corano
su questo argomento è estremamente chiaro. Un uomo che è
apostrofato come “Il sigillo dei Profeti” e come “Misericordia
per il creato” non può non essere perennemente ispirato. Il
rifiuto della sua guida o di alcuni elementi di essa significherebbe
nulla di meno che rifiutare o sottostimare la guida di Dio;
significherebbe che il messaggio dell’Islam non intendeva essere
una soluzione finale, ma solo una soluzione alternativa ai problemi
umani e che è lasciato alla nostra discrezione scegliere una
soluzione o l’altra. Questo facile principio, perché non
obbliga né moralmente né praticamente, ci può
guidare dappertutto ma non nello spirito dell’Islam, di cui si dice
nel Corano:
Oggi ho reso perfetta
la vostra religione, ho completato per voi la Mia grazia e Mi è
piaciuto darvi per religione l’Islam. (5:3)
L’Islam abbraccia la
vita nella sua totalità, questo mondo e quello che verrà,
la carne e lo spirito, l’individuo e la società. Prende in
considerazione non solo gli aspetti nobili della natura umana, ma
anche le sue debolezze e limiti. Non c’impone l’impossibile, ma
ci dirige nel modo in cui possiamo fare uso delle nostre possibilità
per raggiungere un punto in cui non vi sarà più
antagonismo tra idea e azione.
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